La crisi è quando il vecchio muore e il nuovo non può nascere

Leggo casualmente questa definizione e mi si illumina un mondo, una chiave di lettura su quanto avvenuto in questi anni, dove gli ultimi 7 sono solo il punto di esplosione di un ventennio scellerato, in cui il concetto di singolo ha preso il sopravvento sul concetto di comunità e dove tutto ciò ha un elemento caratterizzante, non aver generato il nuovo.

Oggi la necessità ci dovrebbe portare naturalmente verso il nuovo, ma in realtà restiamo aggrappati con tenace disperazione al vecchio, come naufraghi ad una tavola di legno.

Ma cos’è il nuovo?

Sostenibilità ma anche coraggio, curiosità, voglia di crescere e capacità di scardinare i paradigmi possono essere una chiave, ma anche il saper superare il concetto di singolo fine a se stesso e come tale distruttivo, a favore di un nuovo, o forse antico, significato di comunità in grado di lavorare per il bene comune.

Sarà utopia?

Non lo so, ma so che se non generiamo un nuovo modello avremo solo un alternativa, il declino.

Der Suchende

Dal verbo suchen (cercare) i Tedeschi fanno il participio presente, suchend, e lo usano sostantivato, der Suchende (colui che cerca), per designare quegli uomini che non s′accontentano della superficie delle cose, ma d′ogni aspetto della vita vogliono ragionando andare in fondo, e rendersi conto di se stessi, del mondo, dei rapporti che tra loro e il mondo intercorrono. Quel cercare che è già di per sé un trovare, come disse uno dei più illustri fra questi «cercatori», e precisamente sant′Agostino; quel cercare che è in sostanza vivere nello spirito.

Un anno è passato da quanto ho attivato il mio blog, tante cose sono avvenute, belle meno belle, interessanti, meno interessanti.

Tutte importanti

Dopo un periodo di abbandono riprendo a scrivere un po’ per ritrovarmi un po’ per condividere una nuova sfida, come rendere economicamente e socialmente sostenibile il fare cultura.

Nel riguardare il mio profilo e nel volerlo aggiornare mi è tornato in mente Siddharta, la figura dello Suchende che dedica la sua vita alla ricerca del contenuto delle cose senza fermarsi alla superficie.

Questa ricerca è tanto affascinante quanto complicata ed a volte dolorosa, ma è per me fondamentale per la mia crescita umana e professionale, ogni nuovo passaggio è occasione per capire nuovi aspetti dell’animo umano nella ricerca di quel punto di equilibrio che tutti desiderano.

Nel contempo ogni passaggio permette di vedere i paradigmi che imbrigliano la mente umana in meccanismi consolatori e rassicuranti che danno sì apparenti garanzie di solidità ma che ci rendono assolutamente impreparati ad affrontare la variabile che tutti temono, il cambiamento.

Il Cambiamento

Il cambiamento ha diversi nomi, si chiama crisi, fato, destino, quello che si vuole, sicuramente può essere generato come subito, sicuramente scardina equilibri e paradigmi.

Affrontare il cambiamento con la dovuta paura ( chi non ha paura è un folle) e con la fermezza della certezza data dal proprio essere e dai propri valori ci permette di crescere.

Ma da dove nascono i valori e la consapevolezza dell’essere?

Dalla cultura

Cultura che si esplica nei libri, negli insegnamenti, negli esempi, la cultura è la cosa che ci distingue e nel contempo ci unisce, guai a perderla, guai a banalizzarla, guai a lasciarla in secondo piano.

Le politiche iper liberiste degli ultimi anni hanno considerato la cultura come un peso inutile e le persone che l’hanno gestita, legati a modelli di mecenatismo statale superficiale, ne hanno decretato un ruolo sempre più marginale.

Oggi, la CRISI, ci direbbe di azzerare questo inutile fardello, ma a favore di cosa?

Un appiattimento dello spirito umano verso il basso, verso una omogeneizzazione fine a se stessa.

Io non ho ricette pronte per riportare la cultura al posto che le compete, ma sono convinto si possano generare e diffondere idee di spessore sapendo far quadrare i conti, magari con il giusto coinvolgimento di chi ci crede ed ha capacità di finanziamento, il tutto supportato da uno Stato che si ritrovi un ruolo di gestore dell’identità di una nazione, e soprattutto con il giusto approccio da parte di tutti al cambiamento inteso come superamento costruttivo dei paradigmi.

Buon Ferragosto.

Paolo

Cappuccetto Rosso non era sola…

La favola di Cappuccetto rosso, una tra le più celebri del mondo, è giunta a noi in due versioni: quella seicentesca di Perrault, dove il lupo divora la bambina, e quella ottocentesca dei fratelli Grimm, dove un cacciatore apre la pancia della bestia e ne fa uscire nonna e nipotina sane e salve. La tradizione letteraria ha tuttavia completamente ignorato i temi che appartengono alle versioni popolari e orali della storia, che nel saggio vengono proposte e commentate per la prima volta.

Una delle varianti rimaste in ombra riguarda la domanda che il lupo rivolge alla bambina: «Dimmi, Cappuccetto, quale strada prenderai: quella degli aghi o quella delle spille?», indicando con la prima il lavoro di cucito e di ricamo e con la seconda la cura in funzione del corteggiamento. I due oggetti, entrambi puntuti e pronti a ferire, rinviano al sangue e alla pubertà femminile oltre che alla contrapposizione tra seduzione e cura domestica, tra giovani ragazze e donne mature.

Un elemento presente in tutte le versioni orali riguarda proprio la contrapposizione generazionale, che porta inconsapevolmente Cappuccetto rosso a mangiare un pezzo della nonna, vero e proprio “pasto sacrificale” in cui la giovane incorpora la vecchia. In questa prospettiva, la favola si allontana dal generico avvertimento sui pericoli della vita per tratteggiare un percorso iniziatico tutto femminile, legato ai temi e ai riti della crescita, alla capacità di fare figli e alle tecniche – cucire e sedurre – che consentono di addomesticare la società tradizionale e maschile.

Sommario

Prefazione (A. Palmonari). L’ago e la spilla. La nonna dimenticata. Il buon uso degli spilli. Un pasto fortificante. Giocare a nascondino. Chi ha mangiato la focaccia? La casa nel bosco. Un lupo troppo popolare.Versione del Nivernese.Racconto della nonna [mère-grand] (v. 1, Delarue).Versione del Velay. La figlia e il lupo (v. 25, Delarue). Versione della Turenna (v. 13, Delarue). Versione di Charles Perrault. Le Petit Chaperon rouge. Versione dei fratelli Grimm. Rotkäppchen.

Note sull’autrice

Yvonne Verdier (1941-1989), etnologa e sociologa, si è fatta conoscere con un libro rivoluzionario comparso nel 1979 da Gallimard, Façons de dire, façons de faire: la laveuse, la couturière, la cuisinière,inchiesta di testimonianze femminili raccolte nel villaggio di Minot, in Borgogna. È stata autrice di articoli e saggi sui racconti popolari e del volumeCoutume et destin (Gallimard 1995), uscito postumo.

Conferenza Associazione Italiana Lean Managers – TREVISO2015 – 6 maggio 2015

Mercoledì 6 maggio 2015, si terrà a Preganziol (Treviso) presso la Sala Congressi dell’Hotel Crystal, in via Baratta Nuova 1, Preganziol (TV) la Conferenza Nazionale della Associazione Italiana Lean Managers (AILM) intitolata: LEAN BACKSTAGE 1.0 – alcuni aspetti per il successo nel palcoscenico del BusinessRelatori saranno:RENATO COMAI  – A Network e Presidente I.R.M. Istituto Ricerche ManagerialiDIEGO CARUBELLI viaConferenza Associazione Italiana Lean Managers – TREVISO2015 – 6 maggio 2015.