Di Seguito uno stralcio dell’intervista rilasciata dal Capo della Protezione Civile Franco Gabrielli, dal 1985 al 2000 ho fatto il volontario di Pubblica Assistenza e sono stato volontario della Protezione Civile, mai avrei pensato di leggere una cosa del genere, non solo incuria ma la totale perdita dei valori di Stato, Senso Civico , Bene Comune.
Giusto la settimana scorsa mi sono re iscritto alla mia vecchia associazione di Pubblica Assistenza a Bologna, da 300 volontari che eravamo siamo 30!
Tanto da fare, ma CE LA FAREMO!
“Lo Stato è impotente. Nelle condizioni attuali, come s’è visto giovedì a Genova, non è in grado di tutelare le vite dei cittadini. E la Protezione civile è senza mezzi, è come se mi avessero mandato sul fronte con una scatola di aspirine per una guerra non voluta da me”. Il capo della Protezione civile è in auto in viaggio da Brescia a Milano quando risponde alle domande diRepubblica, sotto (manco a farlo apposta) un violento acquazzone. “Qui piove come dio la manda”, sbotta.
Franco Gabrielli, di chi è la colpa dei morti e dei danni provocati dai disastri ambientali?
“Una previsione meteo è stata sbagliata, ma da qui a crocifiggere chi ha sbagliato ne corre. La colpa di Genova, e di tutte le calamità che stanno accadendo, è del grande deficit culturale del nostro Paese sul tema della protezione civile”.Può fare qualche esempio, magari riferito al mondo dei politici?
“Nel 2013 il governo s’è dimenticato di finanziare il Fen, il Fondo per l’emergenza nazionale. Lo ha fatto poi nel 2014 stanziando 70 milioni di euro.Sono tanti o pochi?
“Lo sa a quanto ammontano i danni accertati per 14 delle 21 emergenze nazionali dichiarate negli ultimi tre anni?”Lo dica lei.
“Due miliardi e 300 milioni, un miliardo e 900 i danni pubblici, gli altri subiti dai privati”.È per questo che dice che lo Stato è impotente, non in grado di tutelare le vite dei cittadini in caso di disastri provocati dal maltempo?
“Io pongo il problema che in questo Paese, a distanza di 30 mesi da quando sono stati stanziati i fondi, si stia ancora dietro alla carta bollata, quando giovedì un uomo è morto e una città è andata sotto. I 35 milioni per il torrente Bisagno, non spesi per una girandola di ricorsi dopo l’assegnazione della gara, è uno scandalo della burocrazia pubblica. In questo caso, legato ai lunghi tempi della giustizia amministrativa”.